L’evoluzione del linguaggio: come siamo arrivati al “Bla Bla Bla”




Per “linguaggio” si intende un mezzo di comunicazione che utilizza codici aventi un valore identico condiviso tra individui di uno stesso gruppo socioculturale. Il linguaggio umano, unico nel suo genere, ha in gran parte contribuito a raggiungere la nostra attuale supremazia sul Pianeta. Ma qual è il rapporto tra il linguaggio e l’evoluzione umana? Ecco le principali teorie.
Il linguaggio come evoluzione nelle scimmie antropomorfe
I sostenitori della teoria associata ai primati si dividono, a loro volta, in base ai processi evolutivi che hanno portato alla nascita del linguaggio (Botha 2008).
Alcuni sostengono che tutto sia partito dalle vocalizzazioni delle scimmie antropomorfe. Nello specifico, le interazioni vocali tra madre e infante - il c.d. “maternese”, ossia il modo in cui i genitori si rivolgono ai propri piccoli con parole, gesti, espressioni del viso, cambiamenti del tono della voce - sarebbero un tratto in comune tra gli uomini moderni, le scimmie e gli ominini e costituirebbe la base dello sviluppo del linguaggio. Tuttavia, le vocalizzazioni delle scimmie esprimono stati d’animo “standard”, come spavento o aggressività, ma non pensieri o concetti personali e originali. E questo concetto entra in contrasto con quello che oggi è il linguaggio umano.
Altre teorie, invece, si focalizzano sul processo di evoluzione della comunicazione gestuale. Anche qui si fa riferimento a studi condotti sui primati non umani, includendo nella definizione di “gesti” non solo quelli di mani e braccia, ma anche posture corporee e gesti facciali. Questi ultimi, tuttavia, sono spesso associati ad espressioni emotive stereotipate, non rivolte al singolo individuo e spesso dotate di poca flessibilità. Dal punto di vista neurologico, però, si hanno delle differenze. Le vocalizzazioni sono gestite dai lobi temporali, mentre la comunicazione gestuale è controllata dall’area premotoria, che custodisce le rappresentazioni degli scopi delle nostre azioni, che sono alla base nel nostro agire volontariamente. Le aree del cervello che controllano il linguaggio articolato, anatomicamente vicine all’area premotoria, si attivano quando un individuo parla e/o esegue movimenti con le dita, ma anche in seguito alla semplice osservazione di gesti motori manuali, buccali o facciali eseguiti da un altro individuo, per mezzo del meccanismo dei neuroni a specchio (Ferrari et al. 2003). In questo modo, la percezione del linguaggio non deriverebbe solo da un’analisi acustica, ma da una vera e propria “risonanza” motoria. A livello evolutivo, ad un certo punto l’azione smette di essere fine a sé stessa e diventa finalizzata ad un gesto comunicativo: il suo significato, ora, è legato non più ad un oggetto, ma ad una particolare conformazione della mano o della bocca, avente ormai valore simbolico. Le vocalizzazioni, che fino ad allora avevano avuto un valore puramente stereotipato ed emozionale, sarebbero state poste sotto un maggiore controllo volontario e funzionalmente associate alla comunicazione gestuale. L’acquisizione della postura eretta ha sicuramente giocato un ruolo chiave. In ultimo, un linguaggio articolato orale, di fatto, mette in comunicazione individui che non hanno un diretto contatto visivo tra loro: un vantaggio che può essere utilizzato, per esempio, nelle strategie di caccia.
Il linguaggio come facoltà esclusivamente umana
Alla base di questa teoria c’è la differenza tra il linguaggio animale – limitato a specifiche funzioni – e quello umano – produttivo e combinabile all’infinito. Da qui, l’ipotesi che esista un genotipo linguistico, definito “Grammatica Universale”, comune a tutta la specie umana, che rende possibile l’apprendimento di un linguaggio in seguito all’interazione con l’ambiente linguistico a cui l’individuo è esposto (Chomsky 1980). Esso viene definito LAD (Language Acquisition Device): un meccanismo del cervello che ogni essere umano possiede al momento della nascita e che gli consente (pensiamo ai bambini) di ricavare e rielaborare le regole e le strutture sintattiche della propria lingua, anche se non gli sono mai state propriamente insegnate. Questa innata capacità sarebbe alla base della profonda somiglianza – strutturale, non fonetica – di tutte le lingue del mondo. In effetti, a livello biologico, non esiste un vero e proprio “organo del linguaggio”, sebbene esso si evolva come altre parti dell’organismo; basti pensare che, per parlare, l’uomo sfrutta organi (labbra, lingua, denti, polmoni) che, principalmente, si sono evoluti per svolgere altre funzioni.
Non esiste ancora una teoria che metta d’accordo tutti, e non sappiamo se mai esisterà. I ritrovamenti archeologici e paleoantropologici aiutano, ma solo in parte. E poi, come si fa a spiegare, con la logica, la genesi di qualcosa che potrebbe essere innato in ognuno di noi?


The evolution of language: how we arrived at the “Blah Blah Blah”

The word “language” indicates means of communication using codes having the same value, which is shared among individuals of the same socio-cultural group. Human language is one of a kind, and it probably contributed to our current dominance on the Planet. But what is the relationship between language and human evolution? Here are the main theories.
The language evolved starting from the great apes
This theory has different points of view, depending on the evolutionary processes that led to the emergence of language (Botha 2008).
Some argue that everything started from the vocalizations of great apes. Specifically, the voice interactions between the mother and her infant - c.d. “motherese”, i.e. the way parents speak to their infants with words, gestures, facial expressions, changes in tone of voice - would be something that modern humans, monkeys and hominins have in common, and it could be the basis of the development of the language. However, monkey’s vocalizations express “standard” frames of mind, such as fear, aggression, or the will to relate to interact with others. And this concept is at odds with the definition of the human language.
Other theories, instead, focus on the process of the evolution of the gestural communication system. Again, they refer to some studies conducted on non-human primates Here, they include in the definition of “gestures” not only the ones made with hands and arms, but also body postures and facial gestures. These, however, are often associated with stereotyped emotional expressions, which are not addressed to a single individual and which have a very low flexibility. From a neurological point of view, however, there are some differences. The vocalizations are managed by the temporal lobes, while the gestural communication system is controlled by the premotor area: here, we find the representations our actions’ purposes, which are the basis for our ability to act intentionally. The areas of the brain that control articulated language are anatomically close to the premotor area, and they respond not only when a person speaks and/or performs movements with the fingers, but also after the only observation of manual, buccal, or facial gestures performed by another individual. It’s called the mechanism of the mirror neurons (Ferrari et al. 2003). In this way, the perception of language does not derive only from an acoustic analysis, but from a motor response. On the evolutionary level, actions are not end in themselves anymore, but they are now the aim of the communication gesture: therefore, their meaning is no longer linked to an object, but to a precise conformation of the hand or of the mouth, which has now a symbolic value. In this context, a greater voluntary control of vocalizations emerged, so they lost their stereotypical and emotional meaning and they became functionally associated with the gestural communication system. The acquisition of the bipedal posture has definitely played a key role. Finally, an oral articulated language, as a matter of fact, connects people who have no direct visual contact: this is an advantage, for examples, in hunting strategies.
The language faculty is exclusively human
At the base of this theory there is the difference between the language of animals – which is limited to specific functions – and the human language – which is productive and can be combined endlessly. Therefore, some support the hypothesis of a lingual genotype, called “Universal Grammar”: it is common to the whole human species, and it makes possible the learning of a language following on from the interaction with the linguistic environment to which the individual is exposed (Chomsky 1980). It is called LAD (Language Acquisition Device): a brain’s mechanism possessed by every human being since birth, and that enables them (think of the children) to harvest and revise rules and syntactic structures of their own language, even if they have never been properly taught. This innate ability would be the basis of the profound structural – not phonetical - similarity among languages from all over the world. In fact, on a biological level, there isn’t an organ actually responsible for the language, although it evolves as other parts of the body; suffice it to say that, in order to speak, humans use organs (lips, tongue, teeth, lungs) which have mainly evolved to perform other functions.
At present, there is still no theory on which everybody agrees, and we don't know if it ever will be. Archaeological and paleoanthropological evidences could help, albeit on a small scale. But in the end, how could anybody explain, in rational terms, the genesis of something that might be innate in all of us?

References

Botha, R. 2008. On modelling prelinguistic evolution in early hominins. Language & Communication 28: 258–275.

Ferrari P.F., Gallese V., Rizzolatti G., Fogassi L. 2003. Mirror neurons responding to the observation
of ingestive and communicative mouth actions in the monkey ventral premotor cortex. European
Journal of Neuroscience 17: 1703-1714.

Chomsky, N. 1980. Rules and Representations. Columbia University Press. New York.



Eva Francesca Martellotta

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