Governo e scienza: una storia d'amore




La direzione di una nazione viene stabilita e seguita da varie istituzioni: il governo con tutti i ministeri e ministri, le università, le associazioni, cooperative, comuni, regioni; insomma tutta la nazione rema verso una direzione. Affinché i rematori di una nave vadano tutti allo stesso ritmo, con la stessa forza, c’è bisogno che un organo centrale dia le direttive e che poi abbia fiducia e si parli spesso con tutti i rematori: uno può avere un malore al braccio, quindi deve essere assistito; uno può avere un remo difettoso, e questo va riparato; oppure il capitano da ordini che però i sottoposti non possono o non sono in grado di eseguire. La comunicazione e la fiducia sono quindi una parte fondamentale.  Spesso però ciò può non accadere. Risultato è che ognuno va in direzioni differenti. Così si arriva alla questione di questo articolo. Quale è il rapporto tra governo e la ricerca nazionale ed internazionale? Ogni ministero ha i suoi specialisti nel loro settore. Così, parlando di archeologia, il ministero della cultura italiano (MIBact) ha i suoi funzionari archeologi i quali si occupano dell’archeologia dell’Italia, rilevando i reperti archeologici, inserendosi nei musei, nei parchi e quant’altro. La divulgazione di dati viene così effettuata da operatori facenti parti del ministero. Quanto essi sono a contatto con il mondo accademico e quanta conversazione c’è tra i due mondi? La risposta a questa domanda può arrivare da chi è realmente dentro uno dei due mondi (magari lasciando un commento). Qui, per indurre una riflessione su questa tematica, si tratterà di un caso specifico.
Il 5 novembre 2018 è stato pubblicato su Current biology un articolo dal titolo “Orangutan population are certainly not increasing in the wild” ( Meijaard E., Sherman J., Ancrenaz M., Wich A.S., Santika T., Voigt M., “Orangutan population are certainly not increasing in the wild”; Current Biology (2018) 28).
Come scritto nell’articolo, recentemente il governo indonesiano ha dichiarato che le popolazioni di Orango (Pongo spp.) sono cresciute del 10% dal 2015 al 2017. Questa notizia, tuttavia, è in contrasto con quanto emerge da recenti ricerche: l’orango del Borneo (P.pygmaeus) è diminuito di circa 100.000 unità negli ultimi 16 anni; gli oranghi di Sumatra (P.abelii) e gli oranghi Tapanuli (P.tapanuliensis) hanno perso più del 60% del loro habitat dal 1985 al 2007, con una perdita di popolazione che potrà arrivare al 27% nel 2020. La deforestazione e l’uccisione antropica di queste specie sembrano esserne le due cause principali. Questa discrepanza di dati è dovuta alla metodologia di indagine utilizzata dal governo. Sono stati, infatti, monitorati nove siti, compresi parchi nazionali, la cui popolazione totale nel 2015 è stata stabilita a 1.153 oranghi. Nel 2016 il governo ha stimato che questa popolazione sia arrivata a 2.451. Tre sono i problemi rilevati dagli autori dell’articolo: primo, è biologicamente impossibile per una popolazione di oranghi doppiare sé stessa in un anno; secondo, alcuni siti presi in considerazione dal governo sono sedi di introduzione o spostamento di oranghi, per cui a una quantità di oranghi introdotti in uno di questi siti, ne corrisponde una uguale rimossa da un altro sito; terzo, la popolazione proveniente da questi nove siti rappresentano meno del 5% delle popolazioni di Sumatra e Borneo; infine, questi nove siti sono in aree protette, laddove la maggior parte delle popolazioni vive in aree non protette. Non sembra esserci quindi nessuna motivazione scientifica per quanto riguarda la scelta di tali siti e poca attendibilità dei conseguenti risultati. È difficile monitorare specie molto elusive e con una bassa densità di popolazione come possono essere quelle degli oranghi. Tuttavia, i dati e metodi forniti dal governo indonesiano danno una realtà dei fatti che non è realistica. Gli autori suggeriscono dunque un miglioramento del metodo : la misura diretta delle varie popolazioni può essere implementata valutando anche il cambiamento del loro habitat forestale, restituendo una stima più robusta delle popolazioni; inoltre, si possono stabilire successivamente dei targets analizzando quindi la popolazione in un habitat che è ben protetto o non protetto, ad esempio. Per concludere, gli autori auspicano che il governo si appoggi a scienziati e ad altri gruppi di lavoro, anche internazionali, per costruire un metodo di monitoraggio più robusto e che restituisca dei dati più reali. Chissà se ciò avverrà.


GOVERNMENT AND SCIENCE: A LOVE STORY


The direction of a nation is established and followed by various institutions: the Government with all ministries and ministers, universities, associations, cooperatives, municipalities, regions; in short, the whole nation is heading towards one direction. In order that the rowers of a ship should all go at the same rate, with the same force, it is necessary for a central body to give the directives and then to have confidence and to speak often with all the rowers: one may have a curse on the arm, therefore it must be assisted; one can have a faulty oar, and this must be repaired; captain gives orders that underlings may not or are not able to execute. Communication and trust are therefore a key part.  But often this may not happen. Result is that everyone goes in different directions. So you get to the question of this article. What is the relationship between government and national and international research? Every ministry has its specialists in their field. Thus, speaking of archaeology in Italy, the Italian Ministry of Culture (Mibact) has its own archeologists who are involved in the archaeology of Italy, noting the archaeological finds, inserting themselves in museums, parks and so on. The disclosure of data is thus carried out by operators belonging to the ministry. How much are they in contact with the academic world and how much conversation is there between the two worlds? The answer to this question come from who is really inside one of the two worlds (leave a comment if you are reading). Here, to induce a reflection on this issue, it will be a specific case.
On November 5, 2018, an article titled "Orangutan Population are certainly not increasing in the Wild" was published in Current Biology (Meijaard E., Sherman J., Ancrenaz M., Wich A.S., Santika T., Voigt M., "orangutan population are certainly not increasing in The Wild "; Current Biology (2018) 28).
As written in the article, the Indonesian Government recently stated that the orangutan populations (Pongo spp.) increased by 10% from 2015 to 2017. This news, however, contrasts with what emerges from recent research: the Borneo orangutan (P. pygmaeus) has decreased by about 100,000 units in the last 16 years; Sumatra Orangutans (P. abelii) and Orangutans Tapanuli (P. tapanuliensis) lost more than 60% of their habitat from 1985 to 2007, with a loss of population that could reach 27% in 2020. The deforestation and the anthropic killing of these species seem to be the two main causes. This discrepancy of data is due to the methodology of investigation used by the government. In fact, nine sites were monitored, including national parks, whose total population in 2015 was established at 1,153 orangutans. In 2016 the government estimated that this population came to 2,451. There are three problems found by the authors of the article: firstly, it is biologically impossible for a population of orangutans to dub themselves in one year; secondly, some sites taken into account by the Government are locations for the introduction or displacement of orangutans, so that a quantity of orangutans introduced into one of these sites corresponds to an equal removed from another site; thirdly, the population from these nine sites accounts for less than 5% of the populations of Sumatra and Borneo; finally, these nine sites are in protected areas, where most populations live in unprotected areas. Therefore there seems to be no scientific motivation regarding the choice of such sites and lack of reliability of the results. It is difficult to monitor very elusive species and with a low population density as can be those of the orangutans. However, the data and methods provided by the Indonesian Government give a reality of the facts which is unrealistic. The authors therefore suggest an improvement of the method: the direct measurement of the various populations can be implemented by evaluating the change of their forest habitat, returning a more robust estimate of the populations; in addition, you can later establish targets by analyzing the population in a habitat that is well protected or unprotected, for example. To conclude, the authors hope that the government will support scientists and other working groups, including international, to build a more robust monitoring method and to return more real data. I wonder it will happen.

Comments