How I met your - Neandethal - mother
Cosa si può ricavare da un frammento di osso umano lungo appena 2 cm,
ritrovato nelle grotte di Denisova, in Siberia? Anonimo all’apparenza, questo
reperto ha invece fornito importantissime informazioni riguardo al nostro
cugino, l’uomo di Neandertal, e ad una specie umana di recente scoperta, l’uomo
di Denisova. Esso appartiene, infatti, al primo “ibrido” (sensu lato) tra queste due specie, simpaticamente soprannominato
Danny dai ricercatori del Max Planck Institute in Germania, autori della
scoperta (Slon et al 2018). “Uomo di Denisova” è il nome dato alla nuova specie
umana scoperta nel 2010 nella grotta omonima, sui Monti Altaj in Siberia,
grazie alle analisi del DNA (Krause et al 2010). I Denisoviani avevano un
antenato in comune con l’uomo di Neandertal: le loro linee evolutive si
separarono circa 390.000 anni fa. Questa specie era diffusa in Asia fino a
circa 40.000 anni fa, e nel corso dei millenni si è incrociata sia con Homo neanderthalensis che con Homo sapiens. Tuttavia, non si conoscono
dettagli riguardo al suo aspetto fisico o alla diffusione della popolazione, a
causa della scarsità dei ritrovamenti: solo tre denti e la falange di un mignolo.
Per questi motivi, all’“uomo di Denisova” verrà affidato un nome scientifico solo
quando sarà effettivamente dimostrata la sua esistenza come specie a sé stante.
È del 2018 invece la notizia della scoperta di un nuovo resto umano,
appartenente ad una specie “ibrida”, identificato tra oltre duemila reperti
ossei grazie all’utilizzo del metodo ZooMS (Zooarchaeology by Mass
Spectrometry) (Buckley et al 2009). Si tratta di una tecnica di analisi
focalizzata sulle proteine contenute nel collagene delle ossa, rivelando che
quest’ultimo può essere usato come una sorta di codice a barre molecolare per
identificare la specie (animale o umana) a cui le ossa appartengono. Per farlo,
si utilizza la spettrometria di massa, una tecnica analitica non invasiva in
cui il campione osseo viene fatto passare attraverso un fascio di elettroni, registrando
le reazioni delle molecole che lo compongono, variabili in relazione alla
natura del campione stesso. Poiché ogni specie reca nel proprio collagene una
combinazione unica di proteine, determinate reazioni alla spettrometria
restituiscono la specie di appartenenza del campione analizzato. Il reperto in
questione è stato l’unico, nell’insieme archeologico sottoposto al metodo
ZooMS, ad essere identificato come appartenente non ad un animale, ma al genere
Homo. Si, ma a quale specie? Per
rispondere, i genetisti hanno estratto due tipologie di DNA dal reperto. L’acido
desossiribonucleico (abbreviato in DNA, dall'inglese DeoxyriboNucleic Acid) è
un componente essenziale di tutti gli esseri viventi, che regola l’andamento di
ogni funzione vitale. Esso è unico ed irripetibile per ogni organismo, umano,
animale o vegetale che sia. All’interno del DNA è custodito il patrimonio
genetico che determina tutto quello che siamo e facciamo, e ogni individuo
riceve questo prezioso regalo da entrambi i genitori, con modalità diverse e
infinite combinazioni. Dal reperto osseo analizzato, è stato sequenziato sia il
DNA nucleare che il DNA mitocondriale. Il primo costituisce la maggior parte
del genoma e viene ereditato in egual misura da entrambi i genitori. Il DNA
mitocondriale – che prende il nome dai mitocondri, gli organi cellulari che lo
contengono – costituisce invece solo una piccola percentuale del patrimonio
genetico, ma ha la particolarità di essere trasmesso esclusivamente per via
materna. I risultati mostrano che il genoma analizzato corrisponde per il 40% a
Homo neanderthalensis, e per un altro
40% all’uomo di Denisova. Cosa rappresenta questo dato? Lezione di genetica n.
1: se un individuo ha uguale quantità di DNA denisoviano e DNA neandertaliano,
è probabile che egli abbia un genitore per ognuna delle due specie. Grazie
all’unione di studi genetici e antropologici sappiamo anche che il reperto
analizzato appartiene ad un individuo femminile di circa 13 anni, vissuto
intorno ai 90.000 anni fa. Poiché non sono stati ritrovati altri reperti, non
si può dire molto altro al suo riguardo. Cosa rappresenta questa scoperta
all’interno della storia evolutiva del genere Homo? Suggerisce che gli incontri
“romantici” tra Neandertaliani e Denisoviani fossero una pratica abbastanza
comune, ma solleva anche altre domande riguardo al perché le due specie siano
rimaste geneticamente distinte per centinaia di migliaia di anni, anziché
mescolarsi l’una all’atra. Allo stato attuale delle ricerche, si può solo
suggerire che, essendo generata da due specie differenti, la prole “ibrida” poteva
non essere fertile. Le informazioni ricavate, sebbene sorprendenti, per ora
sono troppo poche per tracciare una storia completa e dettagliata del flusso
genico tra Neandertaliani e Denisoviani, ma i ricercatori sono fiduciosi che
studi futuri potranno presto fornire maggiori risposte.
How I met your –
Neanderthal – mother
What can be inferred
from a fragment of human bone, 2 cm long, found in the Denisova caves, in
Siberia? Apparently nothing, even if this find gave us very important information
about our cousin, the Neanderthal man, and a recently discovered human species,
the Denisova man. Indeed, this find belongs to the first “hybrid” (sensu lato) of the two species, friendly
nicknamed Danny from the authors of the discovery, the researchers of the Max
Planck Institute in Germany (Slon et al 2018). “Denisova man” is the name given
to the human species discovered in 2010 in the homonymous cave, on Monti Altaj
in Siberia, thanks to the analyses of the DNA (Krause et al 2010). The Denisovans
have a common ancestor with the Neanderthal man: their evolutionary lines separated
approximately 390,000 years ago. This new species was diffused in Asia until ca.
40,000 years ago, and during the millennia it crossbred both with Homo neanderthalensis and Homo sapiens. However, details regarding
their physical aspect or the spread of the population are unknown, because of
the lack of remains - only three teeth and a little finger’s phalanx. For these
reasons, to the “Denisova man” will have a scientific name when we will be able
to effectively demonstrate its existence as a separate species. In 2018 a new
human remain was discovered among a sample of two thousand bones thanks to the
use of the ZooMS method (Zooarchaeology by Mass Spectrometry) (Buckley et al
2009). This is an analytical technique focused on the proteins contained in the
bones’ collagen, which can be used as a molecular bar code in order to identify
the species (animal or human) to which bones belong. In order to do so, the non-invasive
technique of mass spectrometry is used, in which the osseous sample passes
through a beam of electrons; the reactions of the component molecules - which
vary in relation to the nature of the sample itself - are recorded. Since every
species brings in its own collagen a unique protein combination, specific
reactions to the spectrometry correspond to the species to which the analysed sample
belongs. The bone fragment mentioned before was the only one, during the
application of the ZooMS method, to be defined not as an animal, but as an
individual belonging to the Homo
genus. But which species? To find an answer, the geneticists extracted two DNA
types from the bone. The deoxyribonucleic acid (abbreviated in DNA) is an
essential component of all the living beings, since it regulates the course of
every vital function. It is unique and unrepeatable for each organism, be it
human, animal or vegetable. The genetic heritage lies into the DNA, and it
determines all about who we are and what we do; each individual receives this
precious gift from both parents, in various ways and infinite combinations.
Geneticists sequenced both the nuclear DNA and the mitochondrial DNA from the
bone fragment. The first one constitutes the majority of the genome and it is inherited
in equal measure from both parents. The mitochondrial DNA – which is named
after the mitochondria, the cellular organs in which it is contained –
represents only a little part of the genetic pool, but its feature is to be
transmitted through the maternal line. The final results show that the analysed
genome is made for 40% of Homo
neanderthalensis DNA, and for another 40% of Denisovan DNA. What does this
data represent? Genetics 101: an individual having equal amount of Neanderthal
and Denisovan DNA is likely to have a parent in each of the two species. Thanks
to the combination of both genetic and anthropological approaches, we also know
that the bone belongs to a feminine individual approximately 13 years old, who lived
ca. 90,000 years ago. Since this is the only founded remain, it is impossible
to say anything else about her. What does this discovery mean for the
evolutionary history of the Homo
genus? It suggests that the “romantic” encounters between Neandertals and
Denisovans were a common thing, but it also raises other questions about the
reason why the two species remained genetically distinguished for hundreds of
thousands of years, rather than intermixing one to the other. At present,
researchers could only suggest that, since it is generated from two distinct species,
the “hybrid” progeny could be sterile. This discovery, even though fascinating,
is still not enough to trace a complete and detailed history of the gene flow
between Neanderthals and Denisovans, but the researchers are confident that
future studies will soon be able to give more answers.
REFERENCES
Buckley M., Collins M.,
Thomas‐Oates J., Wilson J. C. 2009. Species identification by analysis of bone
collagen using matrix‐assisted laser desorption/ionisation time‐of‐flight mass
spectrometry. Rapid Communications in Mass Spectrometry 23 (23), 3843-3854.
Krause J., Fu Q.,
Good J. M., Viola B., Shunkov M. V., Derevianko A. P., Pääbo S. 2010. The
complete mitochondrial DNA genome of an unknown hominin from southern Siberia. Nature
464, 894–897.
Slon V., Mafessoni F.,
Vernot B., de Filippo C., Grote S., Viola B., Hajdinjak M., Peyrégne S., Nagel
S., Brown S., Douka K., Higham T., Kozlikin M. B., Shunkov M. V., Derevianko A.
P., Kelso J., Meyer M., Prüfer K., Pääbo S. 2018. The genome of the offspring
of a Neanderthal mother and a Denisovan father. Nature 561, 113–116.
Eva Francesca Martellotta
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