George Lucas, il migliore degli archeologi



George Lucas è probabilmente uno dei registi più efficaci. Lo dimostrano i ricavi ed i premi dei film (20 miliardi di dollari circa provenienti soltanto dalla intera saga di guerre stellari, secondo la rivista Forbes; svariate nomination agli oscar e oscar vinti; insomma, un curriculum già così invidiabile). Con i suoi film sono cresciute e crescono tutt’oggi intere generazioni. Continua a formare nelle menti delle persone che guardano i suoi film stereotipi di personaggi famosi: dal saggio maestro Joda ad un cattivo per eccellenza come Dart Vader, all’archeologo Indiana Jones. È proprio da quest’ultimo e dalla re - visione del film “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta (1981)” che nasce la riflessione qui presentata.


Uno dei compiti dell’archeologo è quello di condividere le scoperte, la ricerca, i reperti con gli addetti ai lavori ma soprattutto con i non addetti ai lavori, con il pubblico. In questo modo si valorizza e si conserva allo stesso tempo il patrimonio che si condivide. Il pubblico conosce, si amplia la rete degli appassionati, si accresce la domanda, i fondi a disposizione aumentano. È una spirale che si sviluppa in verticale dal diametro sempre più ampio. Questa, seppur riassuntiva e semplicistica, è la teoria. Poi c’è la pratica. La volontà dei professionisti di divulgare ad un pubblico di non addetti ai lavori è considerata a volte come una perdita di tempo. L’arrivismo sociale e la scalata al potere favoriscono talvolta la comunicazione esclusivamente tra addetti ai lavori. Se il pubblico viene evitato il rischio è quello di una disinformazione dilagante. Intere epoche, culture e storie sono sconosciute ai più. Ciò ovviamente permette il diffondersi dei fantarcheologi e di tante teorie alternative. Questi ultimi, con ragionamenti facilmente intuibili dalla popolazione e senza il necessario rigore, raziocinio e prove, che una scienza in quanto tale impone, dilagano e invadono gli spazi, talvolta quasi più dei professionisti ufficiali. In assenza di dati su cui basare queste riflessioni si cade purtroppo nel discorso generale, nel “fare di tutta l’erba un fascio”.  Le eccezioni sono ovviamente tante. Esistono scrittori/archeologi italiani come Valerio Massimo Manfredi, che raccontano la storia e l’archeologia attraverso romanzi adatti e coinvolgenti per qualsiasi tipologia di pubblico. Negli scritti di quest’ultimo, infatti, le storie a volte sono più fantasiose (vedi “Le paludi di hesperia” o “Lo scudo di talos”), altre volte più aderenti al racconto storico seppur in forma di romanzo (vedi la trilogia di “Alexandros” o “Teutoburgo”). In entrambi i casi, ciò che arriva al lettore è tutta la magia e il fascino di storie senza tempo capaci ancora di stupire e raccontare epoche, monumenti e reperti perduti.

La figura dell’archeologo è ormai associata sempre, quasi istintivamente, a quella di Indiana Jones. I film di Lucas su questo personaggio sono entrati di diritto nella storia, grazie al successo, ma grazie soprattutto alla creazione dello stereotipo dell’archeologo. Un’opera di divulgazione eccellente. Divulgazione non solo dello stereotipo in sé ma anche di ciò che è e di ciò che fa quest’ultimo.

Nel film sopra citato, Indiana Jones è un professore di archeologia e un avventuriero sfrenato. Già nella sua figura egli incarna l’eroe. Colui che si occupa della società su due fronti: insegnamento alle nuove generazioni e caccia al nemico/tesoro. Molti supereroi hanno una doppia identità: Superman, Batman, Spiderman, ad esempio. Il nostro è quindi caratterizzato anche in modo tale da essere subito riconoscibile: giacca, cravatta e occhiali da intellettuale durante le lezioni (anche in questo caso pensiamo a Superman e gli altri supereroi che nel loro lavoro quotidiano spesso indossano occhiali, giacca e cravatta), abito da esploratore ed esperto di antiquariato degli inizi del 900’, fuori dall’Università, munito di cappello e frusta va in giro a sconfiggere il male. Questa è la sua uniforme da supereroe. Lo spettatore ha, quindi, già ben chiare le idee sul suo protagonista e sul suo ruolo. Quale è il suo superpotere? Una spiccata intelligenza accompagnata da una profonda conoscenza dell’archeologia e dei reperti che cerca fanno da contorno ad una capacità di problem solving fuori dal comune. Chi è l’antagonista? Il cattivo è colui che cerca di prendere possesso del reperto archeologico tanto ambito, per utilizzarlo a scopi malvagi. Il Super eroe è accompagnato dall’amante, che diventa oggetto del nemico da usare come ricatto, e che Indiana si trova costretto a liberare. Infine, c’è un elemento fondamentale che accompagna le azioni del nostro: la colonna sonora. Ogni volta, infatti, che entra in una scena significativa o è in azione per portare a compimento il suo intento, parte la colonna sonora: chiara, inconfondibile ma, soprattutto, caratterizzante il nostro eroe. Perciò, cosa racconta Lucas? Racconta la storia di un supereroe che, attraverso avventure frenetiche, viaggi, sparatorie, tombe e misteri, sconfigge il male e porta a casa il reperto tanto ambito. In questa storia, del reperto non si conosce nulla, se non qualche parola spesa per giustificare l’inizio del viaggio. Di fatti nello stesso film, ad esempio, all’apertura finale del forziere, non c’è nessun reperto tangibile.

Oggi numerosi giornali, riviste, account social parlano del reperto, di tutte le sue caratteristiche e di cosa rappresentava nel suo contesto originario. La domanda che sta alla base di questo articolo è: quanto funziona la comunicazione e la divulgazione che viene fatta oggi dei reperti archeologici e dell’archeologia in generale? È un gioco puramente intellettuale per chi è interessato alla materia oppure riesce ancora ad attirare nuove persone, soprattutto giovani? La sensazione generale è che i giovani, non addetti ai lavori, siano poco o per nulla interessati né coinvolti nell’archeologia. Il rischio che comporta questo disinteresse è di grande importanza e andrebbe affrontato seriamente fin da subito. Lo scenario futuro possibile potrebbe prospettare intere generazioni disinteressate ad una scienza che non porta un riscontro economico diretto e in breve tempo. In una società capitalistica come quella attuale c’è spazio per ciò che porta un guadagno economico diretto e immediato. Quale sarà, quindi, il ruolo dell’archeologia nel futuro? Bisognerebbe forse invertire la tendenza di divulgazione e prendere esempio da Lucas. Raccontare la storia della scoperta, raccontare i protagonisti e gli antagonisti, per poi solo in un secondo tempo raccontare del reperto e del suo contesto originario. Rendere il tutto più “alla Indiana Jones” potrebbe essere la chiave. Ovviamente non esiste una risposta certa, né tantomeno una soluzione univoca ma la domanda deve quantomeno esser posta.

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